Le norme tecniche italiane hanno recepito il criterio progettuale del “capacity design” volto a controllare la gerarchia delle resistenze.
Secondo i criteri del capacity design il dimensionamento di una singola unità strutturale trave o pilastro in c.a. deve essere mirato ad ottenere che in caso di sisma non si verifichino rotture fragili (meccanismi di taglio) ma piuttosto duttili (meccanismi di flessione) in modo da sfruttare in maniera ottimale le risorse deformative delle sezioni di calcestruzzo armato.
Inoltre, allo stesso tempo, il dimensionamento deve essere volto a perseguire lo schema trave debole – pilastro forte e cioè deve favorire il collasso di elementi orizzontali e quindi delle travi, piuttosto che di quelli verticali, ovvero pilastri e setti, in quanto, in generale, la crisi delle travi non provoca necessariamente il collasso globale del telaio resistente mentre al contrario la crisi dei pilastri incide fortemente sul comportamento globale dell’intera costruzione provocandone il collasso.
Il rispetto dei criteri del capacity design è obbligatorio quando si deve progettare una nuova struttura, mentre non è strettamente richiesto quando si opera su strutture esistenti. Tuttavia anche se non obbligatorio, naturalmente risulta particolarmente conveniente adottare i criteri del capacity design anche nell’approccio agli interventi sull’esistente.
Adottare i criteri del capacity design negli interventi sugli edifici in c.a. significa anche correggere le carenze legate ai dettagli costruttivi mal realizzati che, come visto, rappresentano il maggior elemento di vulnerabilità delle costruzioni esistenti in c.a.
Nel progetto del rinforzo devono quindi essere curati con molta attenzione i dettagli costruttivi che sono decisivi per garantire il corretto trasferimento degli sforzi tra travi e pilastri, anche in caso di sisma.